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30/10/2015

Il project financing è impugnabile dall'inizio

Va segnalata una recente sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 4035/2015, che affrontando il ricorso di un aspirante promotore avverso la esclusione disposta nei suoi confronti in relazione alla procedura di project financing per la progettazione, attuazione e gestione del nodo Scambio Marconi, ha ritenuto ammissibile la proposta impugnazione, pur confermando la decisione della esclusione giudicata legittima e corretta.

In particolare richiamando i principi fissati nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2012, che ha analizzato la disciplina del project financing, Palazzo Spada ha chiarito che “nel procedimento di project financing l'atto con cui la Stazione appaltante conclude la c.d. prima fase di selezione di una proposta, da porre a base della successiva gara, sia immediatamente impugnabile da coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica. La scelta della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse, preceduta da un valutazione di idoneità tecnica della proposta, è atto discrezionale sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità dal giudice amministrativo. Quest’atto è quello che chiude il primo subprocedimento nel quale si articola il procedimento di project financing, poiché porta ad individuare il promotore finanziario, attribuendo a quest’ultimo un vantaggio. Inoltre, solo da quest’atto sorge un vincolo in capo all’amministrazione di procedere alla gara e alla realizzazione dell'opera (Cons. St., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 1495). Infatti, la valutazione tecnica circa la fattibilità dell'opera formulata dalla Commissione tecnica non esclude che l'Amministrazione possa concludere con giudizio negativo quanto all'interesse pubblico sulla proposta del progetto così come formulato, atteso che i due momenti della verifica di fattibilità e della individuazione del progetto da realizzare, pur necessariamente finalizzati alla soddisfazione dell'interesse pubblico, si pongono su piani diversi, con la conseguenza che, in linea di principio, non può ravvisarsi una contraddizione invalidante tra una valutazione di fattibilità di un determinato progetto (che implica un giudizio positivo circa il soddisfacimento dei molteplici interessi pubblici coinvolti) e una decisione di difetto di interesse pubblico alla realizzazione di quel medesimo progetto (Cons. St., Sez. V, 16 dicembre 2010, n. 8947).”

Ciò premesso il Supremo Consesso ha precisato che pur non sussistendo ancora la declaratoria di pubblico interesse del progetto scelto all’esito della prima fase, “allo stesso tempo è provvedimento autonomamente lesivo e immediatamente impugnabile, da parte del soggetto escluso, l'atto con cui la Stazione appaltante dichiara che la sua proposta non è di pubblico interesse, per l’opposta ragione che trattandosi di un atto endoprocedimentale che gli nega lo stesso bene della vita, comportando un blocco alla sua istanza di divenire promotore finanziario è in sé dotato di autonoma lesività”.

Secondo Palazzo Spada, quindi, quando la stazione appaltante chiude la prima fase di selezione di una proposta da porre a fondamento della successiva gara, l’atto conclusivo  ben può essere impugnato dalle imprese che hanno presentato proposte concorrenti sulla stessa opera pubblica da realizzare, in quanto la scelta della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse avviene comunque sulla base di una valutazione di idoneità tecnica.

Il provvedimento che conclude il primo sub procedimento nel quale si articola l’iter della finanza di progetto è dunque sindacabile dal giudice amministrativo, posto che con tale provvedimento viene  identificato il promotore finanziario e sorge in capo all’amministrazione il vincolo che l’obbliga a procedere alla gara e dunque a realizzare l’opera, da cui l’interesse alla impugnazione da parte dei singoli aspiranti promotori.

La stazione appaltante comunque è tenuta a selezionare non la proposta migliore ma quella che più risulta confacente all’interesse pubblico, risultando sempre secondo Palazzo Spada legittima la esclusione  del progetto di una società promotrice che non rispetti uno dei parametri indicati dal bando.