Blog / Normativa e protocolli antimafia

21/05/2013

Protocolli di Legalità e informativa antimafia per contratti di importo inferiore a 150.000 euro

 

L’ utilizzo dei cc.dd. Protocolli di Legalità rappresenta , ancora attualmente, la frontiera più avanzata nel contrasto dei fenomeni di infiltrazione mafiosa nell’esecuzione dei pubblici appalti, alla luce delle clausole “espulsive” che consentono un più rapido allontanamento dell’impresa rispetto alla quale emerga la sussistenza di detti tentativi.

I Protocolli hanno spesso anticipato novelle normative in tema di contrasto avanzato della criminalità organizzata ( a solo titolo di esempio , la tracciabilità dei pagamenti ed il c.d. “conto dedicato2, gli accessi in cantiere, ecc.).

Una recente sentenza del TAR Calabria, Reggio Calabria , n. 258 del 7 maggio 2012 sembra costituire, invece, un arresto rispetto all’utilizzo di tali Protocolli che, come noto, estendono solitamente sia gli ambiti soggettivi che quelli quantitativi delle verifiche antimafia.

In particolare, circa il secondo aspetto, è generalmente prevista l’acquisizione delle informative prefettizie anche per contratti di importo inferiore a 150.000 euro.

Su questo punto, il TAR Calabria, dichiarando l’illegittimità della informativa prefettizia in caso di appalti di importo inferiore a detta soglia e annullando lo stesso Protocollo di legalità nella parte in cui prevede tali verifiche, ha affermato che  è illegittima l’informativa antimafia rilasciata per contratti aventi valore inferiore alla soglia di cui all’art. 1, comma 2, lett. e) del D.P.R. n. 252 del 1998 (art. 83 del Codice Antimafia, approvato con D.lgs. 159/2011).

Ad avviso del TAR , infatti, il limite di valore è posto per contemperare in maniera ragionevole e proporzionata l’esigenza di assicurare le ragioni di interesse pubblico alla prevenzione (ossia a che non interloquiscano con la PA e non usufruiscano così di rimesse pubbliche operatori commerciali che, pur incensurati, possono comunque essere direttamente o indirettamente controllati dalla criminalità organizzata) con l’altrettanto qualificata esigenza di consentire libertà di impresa e speditezza degli affari ad operatori che comunque non sono colpiti da condanne o soggetti a conseguenti interdizioni sanzionatorie di natura penale, ed, al contempo, la celere effettuazione da parte della PA di spese, ordinativi e contratti di uso comune e di minore complessità .

Inoltre, l’indebita estensione degli accertamenti preventivi di tipo interdittivo al di sotto della soglia di valore del contratto, comporta per l’Amministrazione un dispendio di energie e di risorse umane che incide negativamente sulla qualità ed efficacia della stessa azione preventiva, impedendo, da un lato, di concentrare la prevenzione sulle fattispecie contrattuali di maggiore rilevanza economica (come viceversa richiede il Legislatore,) e concorrendo, dall’altro, ad abbassare gli standard qualitativi delle stesse informazioni rese dalle Forze dell’Ordine, coinvolte in un controllo generalizzato di tipo amministrativo, che diventa sostanzialmente inutile, perché qualitativamente poco accurato, in dipendenza del numero degli affari da trattare.

Ancorché le motivazioni addotte dal TAR sotto il profilo del “dispendio di energie” siano  certamente ragionevoli, resta la sensazione di frustrazione nel vedere depotenziato uno strumento di provata efficacia nel contrasto alla criminalità organizzata  , senza che sia stato effettuato , almeno, un confronto su quante “energie” possano essere  risparmiate operando una attenta prevenzione , rispetto ad un intervento semplicemente repressivo.

Ad esempio, se l’estensione dei  controlli comporta un abbassamento degli standard qualitativi delle informazioni, si potrebbe pensare ad un rafforzamento degli addetti a tale attività, invece, di rinunciarvi sic et similiciter  e, per di più, per ragioni organizzative.

Peraltro, la considerazione che la via maestra sia quella della prevenzione anticipata, trova anche un conforto normativo  nell’art. 91, comma 7, d.lgs. 159/11 (post- correttivo d.lgs. 218/2012) secondo cui “Con regolamento, adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sono individuate le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attivita' di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, e' sempre obbligatoria l'acquisizione della documentazione indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all'articolo 67.”.

Dopotutto, si tratta di un’altra delle “anticipazioni negoziali”  di provvedimenti normativi in tema di contrasto avanzato della criminalità organizzata.