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03/02/2014

revisione della tesi sulla efficacia paralizzante del ricorso incidentale

A breve la Adunanza Plenaria dovrebbe pronunciarsi sulla tesi della c.d. efficacia paralizzante del ricorso incidentale sposata con la nota pronuncia del 7 aprile 2011 n. 4.

Tale decisione infatti se ha comportato una notevole deflazione dei procedimenti amministrativi semplificando non di poco l’attività del giudice, è stata però oggetto di numerose critiche nel panorama giurisprudenziale.

Già le Sezioni Unite della Cassazione del 21 giugno 2012 n. 10294 avevano manifestato le loro perplessità.

Ma è stato poi il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. II, ordinanza 9 febbraio 2012, che ha addirittura sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato CE, al fine di chiarire se il principio della necessaria priorità di analisi del ricorso incidentale rispetto a quello principale sia in contrasto con le norme europee e, in particolare, con i principi di parità delle parti e non discriminazione di cui alla direttiva n. 1989/665/CEE.

Nelle more si sono poi inserite le ordinanze del Consiglio di Stato, con le  quali è stato richiesto alla Adunanza Plenaria una rimeditazione più complessiva dell’arresto giurisprudenziale contenuto nella sentenza n. 4 del 2011, ispirata ad una soluzione più confacente a quella esigenza di giustizia sostanziale che si avverte ogni qualvolta, affrontando una controversia in materia di procedimenti concorsuali, il giudizio si conclude senza una pronuncia di accertamento della legittimità della gara d’appalto e della conseguente aggiudicazione, rimanendo inaccettabile la minore tutela, con riferimento al valore della libera concorrenza ed alla garanzia dello svolgimento di una gara conforma a legge, che, allo stato, l’ordinamento e l’interpretazione giurisprudenziale riconoscano all’operatore economico, partecipante ad una gara, ancorchè illegittimamente ammesso, e, comunque, portatore di un interesse soggettivizzato, ad impedire una aggiudicazione illegittima ed altresì ad ottenere una eventuale riedizione della gara (cfr. C.d.S., V sezione ordinanza n. 2059 del 15 aprile 2013, nonché C.d.S., VI Sezione, ordinanza 17 maggio 2013, n. 2681 e da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza 30 luglio 2013 n. 4023).

Come correttamente colto dal Consiglio di Stato nelle citate ordinanze, i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria nella nota decisione conducono a conseguenze aberranti da un punto di vista di certezza del diritto, in quanto:

  1. si giunge a tutelare un atto della amministrazione che può risultare la conseguenza di determinazioni arbitrarie ed illegittime;
  2. si giunge ad un giudicato del tutto cedevole nulla impedendo alla amministrazione di annullare in sede di autotutela la ammissione dell’aggiudicatario ove contestata con il ricorso principale;
  3. si espone la amministrazione a giudizi di altri ordini che potrebbero accertare un pregiudizio economico per la stessa amministrazione e pervenire a conclusioni incongruenti con la inoppugnabilità della aggiudicazione.

Tale impostazione ha trovato definitiva conferma nella famosa pronuncia della Suprema Corte di Giustizia Europea del 4 luglio 2013 n.C-100/12 di cui si riporta uno stralcio: “il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che se, in un procedimento di ricorso, l’aggiudicatario che ha ottenuto l’appalto e proposto ricorso incidentale solleva un’eccezione di inammissibilità fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dell’offerente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che l’offerta da questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dall’autorità aggiudicatrice per non conformità alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, tale disposizione osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza dell’esame preliminare di tale eccezione di inammissibilità senza pronunciarsi sulla compatibilità con le suddette specifiche tecniche sia dell’offerta dell’aggiudicatario che ha ottenuto l’appalto, sia di quella dell’offerente che ha proposto il ricorso principale.”.

Alla stregua di tali insegnamenti si confida che la Adunanza Plenaria giunga ad una revisione critica della c.d. efficacia paralizzante del ricorso incidentale, che non si ritiene coerente con i principi della parità delle parti e di imparzialità e soprattutto con la funzione tipica che dovrebbe rivestire il giudizio amministrativo di verifica della legittimità degli atti sopposti allo scrutinio del giudice.

E in tal senso si condivide quanto espresso da ultimo da un giudice di merito  il T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, che, con sentenza del 27 agosto 2013 n. 868 ha affermato che “alla luce del recente orientamento della Corte di giustizia U.E., nonché degli orientamenti emersi dalle sezioni del giudice di appello, che hanno investito nuovamente della questione l’Adunanza Plenaria, deve ritenersi che, nel caso in cui siano stati proposti sia un ricorso principale che un ricorso incidentale nello stesso giudizio, debba procedersi preliminarmente all’esame del ricorso principale e, quindi, in caso di eventuale fondatezza di alcune delle censure in esso esposte, passare successivamente all’esame delle censure di cui al ricorso incidentale”.