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11/04/2024

L’effettiva chiarezza e precisione nella formulazione della clausola di revisione dei prezzi a salvaguardia della regolarità e continuità delle forniture pubbliche: il caso dei soggetti aggregatori

L’esigenza di regolamentare l’istituto della revisione dei prezzi nasce dalla fisiologica instabilità del mercato di approvvigionamento delle materie prime, che rende reclamabile da parte dei soggetti contraenti il rispristino dell’equilibrio contrattuale. L’ attuale art. 60 del D.lgs. 36/2023, rubricato “Revisione prezzi” rende, infatti, ordinaria, al comma 1, la normativa emergenziale di cui all’art. 29 del D.L. 4/2022 (c.d. “Sostegni – ter”) che già prevedeva l’obbligatorio inserimento di clausole di revisione
dei prezzi chiare precise e inequivocabili nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento. Il comma 2 identifica i presupposti in presenza dei quali è possibile attivare il meccanismo revisionale nel “… verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo ed operanti nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire.”. La norma prosegue al successivo comma 3, art. cit., attribuendo agli indici ISTAT la funzione di orientare l’amministrazione nella definizione dei rincari legittimamente conseguibili, precisando che con riguardo ai contratti di servizi e forniture la rivalutazione debba essere effettuata tenendo conto de “… gli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie” (art. 60, comma 3, lett. b), D.Lgs. cit.). Si tratta di indicazioni senz’altro puntuali, che supportano le stazioni
appaltanti nella formulazione delle clausole di revisione da inserire, oggi obbligatoriamente, nella lex specialis.

Tutto chiaro, quindi? 

È noto, ad esempio, che per i soggetti aggregatori sia la previgente che l’attuale normativa (rispettivamente all’art. 106, comma 1 lett. a) del D.lgs. 50/2016 e all’art. 120, comma 1, lett. a) del D.lgs. 36/2023) prevedono l’applicazione della disciplina speciale di cui all’art. 1, comma 511 della Legge di bilancio n. 208/2015. Sostanzialmente, tale norma stabilisce che per i contratti di servizi e forniture (ovviamente ad esecuzione periodica o continuata) stipulati da un soggetto aggregatore, qualora esista una clausola di revisione dei prezzi “… collegata o indicizzata al valore dei beni indifferenziati”, l’aumento o la diminuzione del prezzo complessivo (che in tali casi non deve essere comunque inferiore al 10%) deve necessariamente essere accertato “… dall'autorità indipendente preposta alla regolazione del settore relativo allo specifico contratto ovvero, in mancanza, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato” (cfr. art. 1, comma 511 cit.).  

La normativa – pertanto - fissa (e fissava) per legge la prioritaria competenza dell’Autorità preposta alla regolamentazione dello specifico settore di riferimento per tutti quegli appalti di servizi e forniture relativi a mercati specifici in cui operano i soggetti aggregatori che si riconoscono nel dettato di cui all’art. 1 comma 511 cit. 

Che valore ha, allora, per i soggetti aggregatori l’introduzione dell’obbligo di previsione espressa della clausola di revisione?

Accadeva (e accade ancora oggi) per le gare indette in vigenza del D.lgs. 50/2016 di trovarsi al cospetto di fattispecie che non possono essere ricondotte all’alveo dell’art. 1 comma 511 cit., nonostante i soggetti aggregatori svolgano attività particolari e bandiscano appalti per i quali l’autorità competente alla determinazione dei prezzi dovrebbe essere quella del mercato di riferimento.

Basti pensare, da ultimo, alle innumerevoli istanze di revisione pervenute ai Soggetti Aggregatori che operano nel mercato agroalimentare nel periodo di crisi pandemica, che ha generato un esponenziale aumento dei prezzi delle derrate alimentari, oltre che notevoli difficoltà di approvvigionamento tempestivo dei prodotti.

In assenza di una clausola espressa in convenzione, che indicasse un’Autorità regolatrice dei prezzi del mercato specifico, molti Soggetti Aggregatori in quel periodo sono stati costretti a comunicare all’o.e. di doversi rivolgere all’AGCM, che – ai sensi dell’art. 1 comma 511 cit. – ha una competenza generale residuale che si attiva in mancanza di una previsione espressa.

Il rischio, che in diverse occasioni si è concretizzato, è che l’AGCM, in riscontro alla richiesta del Soggetto Aggregatore, archivi l’istanza ritenendo inapplicabile le disposizioni di cui all’art. 1 comma 511, L. 208/2015 in quanto “la convenzione in questione non contiene una clausola di revisione prezzi collegata e indicizzata al valore di beni indifferenziati” (cfr., ex multis, TRGA Bolzano, 21.2.2023, n. 39). In definitiva, in vigenza del vecchio regime di facoltatività della previsione di clausole espresse, il dubbio sulla possibilità di mettere in atto il meccanismo della Legge n. 208/2015 causa(va) rallentamenti nella definizione dei procedimenti di revisione dei prezzi e inevitabili incertezze operative, a danno dei Soggetti Aggregatori e degli stessi operatori economici.

CONCLUSIONI

In un clima di profondo cambiamento intercettato e tradotto in norme che accolgono le istanze di celerità e di semplificazione dei procedimenti di gara, sarebbe forse il caso di compiere l’ennesimo sforzo legislativo, al fine di regolamentare più chiaramente una disciplina che, per i soggetti aggregatori, rischia di impattare sui tempi di esecuzione del contratto e sulla vita dello stesso. L’istanza di revisione prezzi formulata dall’operatore economico sulla base di calcoli errati, perché fondati sulla presunzione che si applichino indici diversi da quelli in concreto utilizzabili, dovrebbe a rigore essere rigettata e riproposta sulla base dei corretti parametri indicati dalla Stazione Appaltante (in base, cioè, agli indici individuati dalla Autorità competente nel settore di riferimento).

Ecco perché è essenziale, specie nei settori specifici in cui la determinazione dei prezzi compete ad Autorità diverse da ANAC, non solo che le Stazioni Appaltanti rispettino l’obbligo, normativamente sancito, di inserire nella lex specialis le clausole di revisione dei prezzi, ma che tale obbligo venga osservato con criterio, ossia mediante l’individuazione chiara, precisa ed inequivocabile dell’Autorità alla quale demandare l’an ed il quantum del compenso revisionale, prevedendo soltanto in via suppletiva – e come limite massimo – l’applicazione dei generali indici ISTAT, definendo così, per via negoziale, una doppia tutela manutentoria del contratto, nell’interesse pubblico alla continuità e regolarità delle forniture.