News / Rassegna stampa

16/05/2024

IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO IN AMBITO SANITARIO, ANCHE L’ANAC SI ESPRIME A RIGUARDO

1. Il Partenariato Pubblico Privato nel Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 (nuovo Codice degli Appalti)

Il Libro IV del Decreto Legislativo del 31 marzo 2023 n. 36 riporta la rubrica «Del partenariato pubblico-privato e delle concessioni», dedicando al tema gli articoli dal 174 al 208.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici riserva il ricorso alle forme di Partenariato Pubblico Privato (sia contrattuale che istituzionale[1]) unicamente ai soggetti qualificati ai sensi dell’art. 63 D.Lgs. 36/2023: ne consegue che una concessione, anche se di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (per le concessioni la soglia è fissata dall’art. 14 D.Lgs. 36/2023 in € 5.382.000), non potrà essere affidata da una Stazione Appaltante priva di qualificazione.

A differenza di quanto previsto dal Decreto Legislativo del 18 aprile 2016 n. 50 (il quale prima definiva la “concessione”, cercando poi di individuare le caratteristiche di detta tipologia – rischio operativo, canoni, Piano Economico-Finanziario, ecc. – che, laddove presenti anche in altre fattispecie contrattuali, ne avrebbero consentito la classificazione nei PPP), il Legislatore del 2023 chiarisce sin da subito (vedasi art. 174 D.Lgs. 36/2023[2]) che il Partenariato Pubblico Privato non costituisce un contratto, bensì un’operazione economica caratterizzata da quattro componenti che debbono congiuntamente sussistere affinché l’operazione possa qualificarsi come PPP, ossia:

  • un rapporto di lunga durata avente come obiettivo un «risultato di interesse pubblico»;
  • un investimento finanziario effettuato in prevalenza dalla parte privata;
  • una precisa suddivisione dei compiti, attribuendo alla parte pubblica la definizione degli obiettivi ed il controllo sul loro raggiungimento, mentre ai soggetti privati la realizzazione e la gestione del progetto;
  • l’attribuzione, in capo al privato, del rischio operativo della realizzazione dell’opera o la gestione del servizio.

Da un punto di vista generale, il Legislatore ha anche precisato in modo più corretto i rapporti tra concessione e finanza di progetto, stabilendo che queste due figure non rappresentano più due tipi contrattuali distinti (come invece delineato nel D.Lgs. 50/2016), ma si tratta del medesimo contratto di concessione, che può essere finanziato sia in corporate financing, sia in project financing[3].

2. Il PPP nei servizi sociosanitari

I Partenariati Pubblico Privati, anche secondo il diritto europeo, identificano diverse modalità giuridiche di cooperazione strutturata e duratura tra Pubbliche Amministrazioni e soggetti privati, non profit e for profit.

I PPP, come detto, si suddividono in:

  1. contrattuali: gli Enti pubblici e il soggetto sottoscrivono un contratto per l’esecuzione di un’opera o la prestazione di un servizio;
  2. istituzionalizzati: la Pubblica Amministrazione e il soggetto privato convengono sulla necessità/opportunità/utilità di creare un’entità giuridica terza e distinta, finalizzata all’esecuzione di un’opera, all’organizzazione ed erogazione di un servizio, ovvero alla gestione di un progetto o di interventi.

Nell’ordinamento giuridico italiano, i partenariati in sanità sono stati per la prima volta disciplinati dal D.Lgs. 229/1999 (Riforma della Sanità-ter) ed oggi trovano “cittadinanza giuridica” sia nel Codice dei contratti pubblici sia nel T.U. sulle società a partecipazione pubblica.

In Italia, esistono esempi di Partenariato Pubblico Privato nel comparto sanitario costituiti e gestiti sotto forma di Società a responsabilità limitata miste ovvero sotto forma di project financing.

Dunque, enti locali territoriali, anche nella loro dimensione “allargata” o di “gruppo”, ed enti del servizio sanitario (regionale) possono ricorrere alla progettazione, organizzazione e gestione di formule giuridiche attraverso le quali, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali e di programmazione degli interventi, possono realizzare sperimentazioni ed innovazioni in partnership con le organizzazioni private (non profit e for profit) nell’erogazione di servizi di interesse generale.

In quest’ottica, i progetti e le attività che possono formare oggetto dei PPP richiedono approfondimenti e analisi ex ante, tanto più sofisticati e delicati se si considera l’obiettivo ultimo cui tale PPP è collegato.

A ciò si aggiunga che, nell’ambito dei servizi di interesse generale (si pensi, ad esempio, ai comparti sociale, sanitario, socio-sanitario), la Pubblica Amministrazione e le organizzazioni private sono chiamate a stabilire specifiche forme di collaborazione.

3. Il Partenariato in ambito sanitario

Le collaborazioni tra pubblico e privato nel settore sanitario si sono consolidate ed evolute nel tempo, al fine di rispondere all’esigenza della sanità pubblica di reperire risorse per il funzionamento e il miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale.

Le istituzioni del Servizio Sanitario Nazionale sono state spesso oggetto di critiche perché ritenute inadatte, malgrado il costante ed ininterrotto sostegno pubblico, di affrontare il tema dell’accesso al sistema salute in modo qualitativo, appropriato e risolutivo.

È divenuto sempre più importante, dunque, un coinvolgimento più strutturato del settore privato, sfruttando risorse finanziarie, competenze, professionalità, flessibilità gestionale e conoscenze tecniche che lo caratterizzano.

Le procedure di partenariato oggetto di tale approfondimento possono dunque rappresentare una soluzione, al fine di favorire le condizioni di una maggiore condivisione delle strategie e degli obiettivi, oltreché alla gestione dei servizi e della logistica all’interno delle strutture ospedaliere, mediante il coinvolgimento del soggetto privato non solo nella fase di erogazione dei servizi, ma soprattutto di progettazione e programmazione.

In tale ambito, il Decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50 prima, e il Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 poi (rispettivamente agli articoli 65 e 75) hanno introdotto il ricorso all’istituto del “Partenariato per l’innovazione” quando «l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può, in base a una motivata determinazione, essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, a condizione che le forniture, servizi o lavori che ne risultano, corrispondano ai livelli di prestazioni e ai costi massimi concordati tra le stazioni appaltanti e i partecipanti».

L’operazione si configura come una procedura ristretta, in cui «le amministrazioni aggiudicatrici fissano i requisiti minimi che tutti gli offerenti devono soddisfare (…); qualsiasi operatore economico può formulare una domanda di partecipazione in risposta a un bando di gara o ad un avviso di indizione di gara, presentando le informazioni richieste dalla stazione appaltante per la selezione qualitativa».

In relazione all’acquisizione di servizi in ambito chirurgico, all’acquisizione dei dispositivi medici e di adeguate tecnologie biomediche, la norma chiarisce che «il partenariato per l’innovazione è strutturato in fasi successive secondo la sequenza del processo di ricerca e di innovazione, che può comprendere la fabbricazione dei prodotti o la prestazione dei servizi o la realizzazione dei lavori, il cui valore stimato non deve essere sproporzionato rispetto all’investimento richiesto per il loro sviluppo. In particolare, la durata e il valore delle varie fasi riflettono il grado di innovazione della soluzione proposta e la sequenza di attività di ricerca e di innovazione necessarie per lo sviluppo di una soluzione innovativa non ancora disponibile sul mercato. Il partenariato per l’innovazione fissa obiettivi intermedi che le parti devono raggiungere e prevede il pagamento della remunerazione mediante rate congrue. Sulla base degli obiettivi intermedi e del loro effettivo conseguimento, la stazione appaltante può decidere, dopo ogni fase, di risolvere il partenariato per l’innovazione o, nel caso di un partenariato con più operatori, di ridurre il numero degli operatori risolvendo singoli contratti, a condizione che essa abbia indicato nei documenti di gara tali possibilità e le condizioni per avvalersene».

La flessibilità di tale strumento trova limitazione nei princìpi normativi che caratterizzano il Codice dei Contratti, in particolare nell’art. 4, comma 1 D.Lgs. 50/2016 («L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture (…) avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica»), nonché negli artt. 1 e 7 D.Lgs. 36/2023 («il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea» e «le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici»).

Soprattutto la fase di scelta del partner privato deve rispettare i principi della trasparenza e della proporzionalità, in un contesto in cui i prodotti derivano dalla collaborazione tra partner con finalità potenzialmente conflittuali e cioè: tutela della salute per le aziende sanitarie e commercializzazione di prodotti a fini di profitto per l’imprenditoria.

Caso pratico: La Asl 3 di Torino è stata una delle poche realtà della sanità pubblica che ha scommesso sul Partenariato Pubblico Privato.

Alcuni operatori economici hanno identificato alcuni fabbisogni dell’Asl da poter offrire usando il partenariato pubblico privato: sono stati quindi proposti servizi in merito ai sistemi RIS PACS (Radiological Information System e Picture Archiving and Communication System) all’emodinamica, alla sterilizzazione e al servizio di tac e risonanza magnetica.

Sul tema si è espressa anche l’ANAC con parere in funzione consultiva n. 9 del 28 febbraio 2024, evidenziando che – per poter far ricorso al PPP – è necessaria una qualificazione almeno di livello intermedio dell’Ente concedente, nonché l’esito positivo della valutazione preliminare di convenienza e fattibilità.

Per la realizzazione di un nuovo ospedale, una Stazione Appaltante – intendendo ricorrere al PPP – ha chiesto all’ANAC se fosse necessario, prima di ogni ulteriore atto della procedura, la valutazione di convenienza e fattibilità del ricorso al Partenariato, prevista dall’art. 175, comma 2 del D.Lgs. 36/2023; in caso di conclusione positiva di tale procedimento di valutazione, se sia consentito all’Amministrazione (pur non rivestendo la qualifica di Ente concedente) sollecitare i privati, ai sensi dell’art. 193, comma 11 del D.Lgs. 36/2023, a farsi promotori di iniziative volte a realizzare i progetti inclusi negli strumenti di programmazione del PPP (di cui all’art. 175, comma 1 del D.Lgs. 36/2023); in caso di ulteriore risposta positiva al precedente quesito, se vi siano specifici adempimenti che potrebbero essere ancora in capo all’Amministrazione richiedente, ferma restando la competenza a tutti i successivi incombenti da parte di un Ente qualificato.

Sui punti di cui sopra, l’ANAC ha rilevato che:

  • in riferimento alla valutazione preliminare di convenienza e fattibilità di cui all’art. 175 comma 2, rimessa alla competenza della Stazione Appaltante al fine di confrontare la stima dei costi e dei benefici del progetto di Partenariato nell’arco dell’intera durata del rapporto con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto per un arco temporale equivalente, tale adempimento sia necessario e non derogabile;
  • in merito all’obbligo di qualificazione intermedia per la stipula di contratti di Partenariato, l’art. 174 comma 5 dispone che i contratti di PPP possono essere stipulati solo da Enti concedenti qualificati, ai sensi dell’art. 63 del D.Lgs. 36/2023. Per lo svolgimento delle attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di tali contratti, il Codice ha previsto un regime di qualificazione speciale rafforzato.

Infatti, l’art. 62, comma 18 del D.Lgs. 36/2023 prevede che le attività di cui sopra possono essere svolti da soggetti qualificati per i livelli di cui alle lett. b) e c) dell’art. 63, comma 2, essendo dunque necessaria una qualificazione almeno di livello intermedio.

 

Inoltre, ai sensi degli articoli 3, comma 5 e 5, comma 5, dell’Allegato II.4 del D.Lgs. 36/2023, ai fini dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti di concessione e di PPP di qualsiasi importo, le Stazioni Appaltanti – oltre a possedere almeno una qualificazione di livello L2 (per i lavori) o SF2 (per servizi e forniture) – devono garantire la presenza di almeno un soggetto con esperienza di 3 anni nella gestione di piani economici e finanziari e dei rischi.

  •  

Pertanto, “gli enti concedenti non qualificati o in possesso di una qualificazione di livello basso non possono svolgere direttamente attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di tali contratti e sono tenuti a rivolgersi ad una centrale di committenza o ad una stazione appaltante qualificata”, secondo la procedura di cui all’art. 62, comma 10 del D. Lgs. 36/2023 ed alla Delibera ANAC del 20 giugno 2023, n. 266 (“Regolamento per l’assegnazione d’ufficio di una s.a. o centrale di committenza qualificata”).

Secondo l’ANAC dunque la “valutazione preliminare” di cui all’art. 175 del Codice, “non è riconducibile alla mera attività di “programmazione” degli acquisti ma attiene propriamente alla fase di “progettazione tecnico amministrativa” della procedura che, in quanto tale, deve ritenersi riservata a soggetti qualificati”, di fatto limitando di molto il ricorso al PPP alle sole centrali di committenza/stazioni appaltanti qualificate per tutte e tre le fasi.

La normativa – conclude l’ANAC – prevede “l’adozione di un programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato, ‘ciò anche al fine di garantire la massima trasparenza nei confronti degli operatori economici, degli investitori istituzionali e della collettività’. Il ricorso al partenariato pubblico-privato deve essere proceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità, la quale si deve incentrare sull’idoneità del progetto e essere finanziato con risorse private e sulla possibilità di ottimizzare il rapporto costi e benefici, nonché sull’efficiente allocazione del rischio operativo, sulla capacità di generare soluzioni innovative, sulla capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale”.

 


[1] Oltre al partenariato di tipo contrattuale, che si sostanza nella stipula di un contratto, anche atipico, esiste un’altra tipologia di partenariato: il partenariato di tipo istituzionale, che è caratterizzato dalla creazione di una nuova entità giuridica, a cui poi vengono affidati servizi e attività, come ad esempio una nuova società a partecipazione mista pubblica e privata. Il Codice, con riferimento a tali tipologie di operazioni, rinvia espressamente al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e alle altre norme speciali di settore.

[2] Art. 174, comma 1 D.Lgs. 36/2023

«1. Il partenariato pubblico-privato è un’operazione economica in cui ricorrono congiuntamente le seguenti caratteristiche:

a) tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico;

b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima;

c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione;

d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato».

[3] In ragione della peculiarità di tale operazione economica (in cui la società di progetto isola il progetto e consente di schermarlo dai rischi operativi), il D.Lgs. 36/2023 ha riservato alla finanza di progetto norme specifiche in tema di aggiudicazione ed esecuzione del contratto (cfr. Titolo IV della Parte III del Codice).